Copper, internet and going around (EN)

Copper, internet and going around

Carlo Pecoraro

by Fabrizio Pizzuto e Giulia Zamperini

Carlo Pecoraro’s body of work focuses on the possibility to
connect in one place two ways of representing the real, with
continuity and without any antagonism. The urban landscape,
made of lived, unexplored or desired places, is what catches
viewers eyes, while the temporal indetermination that the images
suggest is what make them loosing grip on the vision.
The real infiltrates the artist’s imaginative world, places start to
surface thanks to a very personal and intimate perception. Two
different techniques of representation are selected and used, so
that not only the re-interpretation of the real is possible but also
of the chosen technique of making, in this case involving an
ancient material but still in use such as copper.
The accelerated, if not hysterical, running of video stills makes the
space quite dynamic, reduces the empty breaks, creates a
pressing rhythm, like modernity imposes us to live every day. The
images time’s fast running reminds us the dynamicity of the
contemporary life and Pecoraro, as a modern observer, shows this
by pressing us to keep up with his aesthetical vision of the real.
Almost like seeing our reflection on a mirror, we find ourselves
forced to subconsciously control our moves, feeling to be part of
the images. The chameleonic nature of the two chosen media is
evident: the television screen recalls the smooth and reflective
surface of copper, the video reminds animated copperplates while
copperplates reminds video stills. Time stops next to them, the
viewer reflects upon the images instead of absorbing them
pressingly.
There is a silent but constant reference to this temporal and
technical duality throughout the show, as it is in relation to the
artist’s way of dealing with it.

so I decided I rather subject myself to the images
I haven’t sleep for hours
they closed in front of the screen
overworking did not make me rich
…almost everyone takes pleasure in reproaching somebody for
something…
I call home the place where I was born,
that is the origin
I draw trajectories
more drifts than trajectories
towards east
even more at east than I am
paying the rent defines life’s transience
I admit it
but I feel fine here
the whole screen
the cage is closing over my eyes, the landscape appears, the third
dimension
gives way to the second one, which invades the space against any
geospatial
rule..
a new dreamlike aesthetic…
I lower the curtain…
I see

ddp 1.0

Carlo Pecoraro
ddp 1.0

Giornata del contemporaneo
(per la rassegna Usurato jazzare sul tempo che passa)

a cura di Fabrizio Pizzuto

 

Closet
via metauro 55, Roma
tel 068554696
sabato 8 Ottobre 2011 ore 19
Visitabile fino al 22 otttobre
Orario lun-sab. 10:30-14:30 16:30-20:00

ddp 1.0 parte da una modella digitale 3d. La base della foto in digitale è in legno avvolta da pellicola trasparente, i tubi sono di rame, le foglie di alloro plastificate. C’è qualcosa che potrebbe essere pezzi di computer. Un rimasuglio iconico di esso.
Si presenta una Dafne. È il modello uno punto zero: non escludiamo evoluzioni
Il nome Dafne significa “lauro”, alloro. Costei fu il primo amore del dio Apollo. Si diceva che Dafne fosse figlia del dio fluviale Ladone e della Terra.
La base è una tavola di legno con un tronchetto posato sopra. Sulla tavola ci sono forse foglie e circuiti stampati.
Dafne conquista il cuore di Apollo. Non solo quello. Leucippo si travestì da donna per accostarsi a Dafne. Leucippo che morì ucciso dalle stesse fanciulle. I riti si svolgevano in nudità. Lo smascherarono.
Fu il momento in cui Apollo si dichiarò a Dafne, ma fu respinto. Il dio si mise all’inseguimento. Dafne, invocato l’aiuto di Gea o del padre, si trasformò in un albero di alloro. La pianta sacra.
Apollo, il sole, ne porta i rami come una corona.
Leggermente botticelliana la stiamo assemblando. È la uno punto zero. Ci stiamo lavorando.
La pellicola trasparente, ulteriore rimasuglio dell’involucro di farfalla, le foglie: la natura plastificata, Dafne è fotoritoccata.
Ma la stiamo assemblando si diceva, non si escludono evoluzioni.
Ha una staticità un pò innaturale.
L’immagine esce dalla cornice, invade lo spazio, si instaura, si instilla tra le righe, tra le aperture della mente. Da pretesto diventa installazione.
Lo spazio iconico invade le scena, viene fuori come composizione. Usurato è tutto ciò che è materia, materiale che deperisce, si ossida ma non muore.
La plastificazione ferma l’usura, bloccare il tempo. L’immagine è l’artifizio della vita. La vita invece muore ma senza ossidarsi. Dilemma irrisolto.

Looking for a partner

Carlo Pecoraro
Looking for a partner

a cura di: Paolo Cortese

 

 

Galleria Cortese & Lisanti

via garigliano, 29 -00198- roma
tel +39 06 8559630
cel. +39 393 9677822
www.corteselisanti.com
info@corteselisanti.com

venerdì 21 ottobre 2011 ore: 18/21

21 ottobre – 11 novembre 2011
lun-ven 16.30/19.30 (o su appuntamento)

 

Solitudine, inquietudine, difficoltà nelle relazionarsi. Sono queste alcune delle tematiche al centro della personale di Carlo Pecoraro che si inaugura venerdì 21 ottobre alla Galleria Cortese & Lisanti di Roma. Sono in mostra 8 lavori ad acrilico su tela e un video realizzato per l’occasione.

Il giovane artista romano prende lo spunto da un sito di incontri per parlare della difficoltà di relazionarsi con gli altri. Il titolo della mostra, “Looking fo r a partner”, è infatti la scritta che appare sul monitor mentre il sistema mette in connessione un utente con un altro, scelto casualmente. Ma, e questo è l’aspetto che interessa a Pecoraro, in realtà questo contatto, dura il più delle volte un solo istante perché, nella maggior parte dei casi, gli utenti non sembrano volere davvero entrare in relazione con qualcun altro.

In un mondo basato sull’avere e non sull’essere, dove le distanze sono annullate dalla rete e dove in tempo reale si vivono gli avvenimenti che si svolgono dall’altra parte del globo sembra che anche conoscere persone sia diventato un rituale consumistico da consumarsi in solitudine!

[next] [switching] (che triste questo, andiamo avanti)[next] [switching] (questo è ancora più triste) [next] [switching] (mamma mia, ma questo n’do sta? in una catacomba?) [next] [switching] (ciao ciao.. asp… niente, andata via, però carina) [switching] (un’altro mezzo nudo nel letto, ma si crederanno sensuali?) [next] [switching] (i ragazzini cretini) [next] [switching] (hei, ma questo chi è, un terrorista? ..andato via…) [switching] (ecco il segaiolo.. via..) [next] [switching] (hei! Asp… carine quelle due) [switching] (oooo!! un chitarrista, chi sa forse spera di trovare un discografico) [next] [switching] (che sfigato questo..) [switching] ( c’è nessuno? No, non c’è nessuno, sarà andato in bagno) [next] [switching] (seee, anche un militare) [switching] (schermo nero) [next] [switching] (segaiolo numero due) [next] [switching] (hei, ma quella è una canna!) [next] [switching] (basta va, vediamo se mi ha scritto qualcuno su facebook).

Carlo Pecoraro nasce nel 1972 a Roma. I suoi lavori indagano sempre soggetti reali ma visti attraverso la lente del mondo virtuale in una ricerca che si concentra sull’analisi dei colori, della materia e della vibrazione del colore stesso. Con le sue “serie” porta avanti un’analisi concettuale di alcuni aspetti della società..

NDD 1.0 – Narciso Digitale Dipinto versione 1.0

CARLO PECORARO: UN DIPINTO UNO

A LaPortaBlu Gallery il 14 gennaio è iniziata la rassegna di pittura contemporanea che vede riuniti alcuni artisti fra italiani e internazionali che cercano di dare una panoramica abbastanza generica su cosa significhi fare pittura oggi e testimoniano un vero e proprio ritorno alla ribalta di questa tecnica antica fin troppo bistrattata in tempi contemporanei.

   Carlo Pecoraro, romano, con introduzione di Fabrizio Pizzuto, presenta un’opera unica dal titolo NDD 1.0 – Narciso Digitale Dipinto versione 1.0. Si tratta di una grande tela dipinta (2m x 3m) che mostra un uomo seduto su un divano, il quale ci dà le spalle ma che noi riusciamo a vedere nella sua interezza grazie a delle telecamere collegate al televisore che lo riprendono e lo proiettano. L’opera, nella sua semplicità,  è inquietante; una sensazione che probabilmente deriva dalla scelta di rappresentare la figura umana con le fattezze di un prodotto virtuale, o anche dall’inerzia dell’uomo nel guardarsi fisso nel televisore, bloccato e immobile, come pietrificato. Il curatore, Fabrizio Pizzuto, ci dà una bella interpretazione di quelle che sono le intenzioni dell’artista nel rappresentare il suo contemporaneo Narciso: «anche il Narciso di Pecoraro deriva da narcosische significa torpore, ma oppone un’obiezione: non si intorpidisce innamorato di qualcosa che non sa essere sé, bensì si stordisce inebriandosi di una ripetizione estatica e mediata del sé». Il Narciso di Pecoraro è molto lontano dal Narciso mitologico a cui si richiama. Non ha su di sé quell’alone di romanticismo tragico che viene in mente ogni volta che si pensa allo sfortunato giovane greco. Grazie all’avanzamento culturale diremmo oggi che il Narciso di Pecoraro si avvicina di più ad una persona con un forte disturbo della personalità, quasi patologico, e quindi come persona bisognosa di cure. In effetti sta proprio qui la lontananza dal Narciso “classico”, prima inconsapevole e poi tanto conscio da lasciarsi morire. Pecoraro mette in luce, piuttosto, l’estremizzazione di quell’atto che ogni giorno l’uomo compie ormai come gesto meccanico: l’affermazione di sé a scapito degli altri. Gli esseri, altro da noi stessi, sono considerati come mezzo per raggiungere una soddisfazione personale e non più come necessari per la costruzione di un qualcosa che riguardi la comunità.  Ed è proprio questo che viene a mancare.

Se il nostro Narciso si ritrova a riprendersi ossessivamente fino a intorpidirsi di sé – come dice Pizzuto – è perché è talmente abituato a frammentarsi, a rendersi virtuale, a mostrare e a decantare le sue molteplici personalità in un mondo che non è reale, tattile,  davanti a un pubblico esistente ma intangibile, che egli, alla fine, si ritrova solo. In una stanza asettica, spiato (da nessun altro se non da se stesso) da telecamere a circuito chiuso, finito in un loop nevrotico di continuo bisogno di conferme della propria specialità ed utilità, da parte di una società che continua a chiederci di essere diversi e originali, speciali – degli unici –  e che poi ci dismette, ci abbandona su di un divano grigio a lasciarci spiar noi stessi e a godere della nostra unicità, dopo averci ridotto a dei nevrotici narcisisti circondati da nient’altro che da noi stessi.

La mostra è visibile fino al 25 marzo, a LaPortaBlu Gallery in via Arco degli Acetari 40.

Laura Loi